ATTENZIONE: DURANTE QUESTA RICERCA SI SONO GENERATI MULTIPLI PROGETTI FRUTTO DI PROCESSI COLLABORATIVI TRA CTRL+Z E DIFFERENTI SOGGETTI. PER LA SUA CORRETTA COMPRENSIONE VI INVITO A CONOSCERE GLI ALTRI AGENTI DIRETTAMENTE IMPLICATI CHE POTRETE TROVARE ASSOCIATI AD OGNI PROGETTO SPECIFICO.
Nel 1922 il dottor Walther Bauersfeld sviluppó una cupola geodetica per Carl Zeiss a Jena, in Germania, per questo si considera l’inventore della cupola geodetica.
Nel 1949 Richard Buckminster Fuller presentò al mondo la cupola geodetica, popolarizzandola negli anni ’60 e è ricevendo il riconosciuto per la sua creazione. Da allora molte persone hanno sviluppato questi concetti e hanno incoraggiato l’auto- costruzione di questi spazi.
Le strutture geodetiche e tridimensionali, nonostante la loro efficienza nell’uso dei materiali e della velocità di montaggio, non si sono diffuse tra la popolazione a causa di elementi specifici che “bisogna” presumibilmente produrre per la loro costruzione. I prodotti sul mercato sono molto costosi e difficili da trovare in quanto sono esclusivo di aziende altamente specializzate. Normalmente utilizzato solo nelle grandi opere come impianti sportivi, aeroporti, ecc .
Questa situazione è paradossale perché gli inventori di questi sistemi li hanno concepiti esattamente durante la ricerca di tecnologie per tutti con l’obiettivo di: “Creare di più con meno” e renderlo semplice.
In realtà queste tecnologie grazie alla loro versatilità sono state per molti anni l’icona dell’architettura alternativa e un simbolo della libertà di autocostruirsi ciascuno il suo rifugio, piccole città furono costruite con questi sistemi durante gli anni ’60 e ’70.
Dopo le esperienze di Saltillo e di Bustamante , durante le quali abbiamo consolidato la conoscenza di queste geometrie giá iniziata in montaggi con amici, abbiamo cominciato a indagare per proporre nuovi modelli che tengano conto le tecnologie attuali e che rispondano alle esigenze di un maggior rispetto per l’ambiente introducendo il recupero ed il riutilizzo di materiali abbandonati o l’uso di materiali naturali o rinnovabili.
La prima occasione e il pretesto per mettere in pratica tutto ciò emerse nel 2011 a Los Mochis, Sinaloa, in Messico. Dopo una conferenza sul lavoro di Ctrl+Z in una università locale siamo stati invitati a presentare una proposta per la costruzione di una “casa delle farfalle” nella comunità indigena di Choacahui.
L’obiettivo era quello di contribuire allo sviluppo e la conservazione della cultura indigena, promuovere i valori e le risorse naturali della comunità, così come l’ uso, la conservazione, la protezione e il ripristino degli ecosistemi.
Gli indigeni Mayos e Yoremes richiedono costantemente bozzoli di “farfalla quattro specchi” per produrre oggetti di artigianato tradizionale chiamati ” tenábaris ” (bozzoli pieni pietre), che vengono utilizzati come parte dell’abbigliamento nelle danze tradizionali del “ Pascola y Venado” e soprattutto nelle tribù Yaquis e Mayosen. Gli indigeni interferiscono perció con la riproduzione della farfalla, danneggiano l’albero “Sangregado ”e mettono a rischio la vita giacché la crescente scarsità di alberi “ sangregados” e farfalle li obbliga a addentrarsi nelle montagne per molti chilometri. Si tratta di una situazione grave, perché verrà il giorno che i ballerini sostituiranno le decorazioni ogni elementi estraneo alla tradizione, che sarebbe davvero un peccato.
La proposta Ctrl+Z basata quasi interamente sul recupero e riutilizzo dei pallet che avevamo individuato nel corso delle indagini precedenti che stavamo conducendo per preparare un primo elenco di possibili risorse da utilizzare per la costruzione di un centro culturale simile al elNodo/laTren, un’aula ambientale a servizio della comunità, nella colonia “Siglo XXI” di Los Mochis.
La società che li aveva accatastati era disposta a donarli e si sarebbe potuto organizzare uno schema di lavoro in cui la costruzione fosse effettuata in forma di laboratorio in cui partecipassero gli studenti che avevano assistito alla conferenza. Molti di loro mostrarono interesse per imparare e coinvolgersi in progetti comunitari e di autocostruzione come questo.
Finalmente il progetto non si é realizzato, purtroppo si aveva già dato la parola ad un altro progetto con una impresa locale, ma è stato molto importante essendo il pretesto per iniziare a concretizzare ed organizzare alcuni concetti e le idee che finora erano nell’aria e ci invitò a valutare la la possibilità di utilizzare il pallet come base per costruire cupole.
Tornati a Siviglia cominciammo ad approfondire la ricerca su questa tecnologia basata sul riutilizzo per il suo impiego in situazioni di emergenza. Il nostro obiettivo era quello di proporre una soluzione in grado di utilizzare il legno dei pallet che raggiungono le zone colpite a seguito di le altre operazioni d’aiuto.
In questi scenari si rilevano spesso edifici precari utilizzati come rifugio temporaneo, che poi si vanno via via consolidando e che si basano esattamente sul recupero e riutilizzo dei pallet. Questo si verifica perché sono un materiale che arriva con abbondanza (quasi il 100% degli aiuti arrivano su pallet), e che, per il loro basso valore, no c’è nessun interesse a riportare indietro. Si considerano elementi sacrificabili e finiscono per accumularsi senza sapere bene cosa fare di loro.
Eravamo interessati a perfezionare e semplificare un metodo di costruzione che permettesse la copertura di spazi abitabili con elementi piccoli, più facili da trovare, maneggiare e trasportare e spesso disponibili in loco, senza la necessità di portare molti materiali o attrezzi e addirittura senza il bisogno di trasladarci fisicamente alla zona interessata.
Un sistema semplice che si possa mettere in pratica attraverso la ripetizione di elementi base, a costruire utilizzando modelli facilmente producibili in loco. Un sistema che consenta la costruzione di serie nonostante le differenze di spessore e misure degli elementi su cui si fonda, a causa dei diversi modelli di pallet, per consentire fornire il maggior numero di rifugi nel più breve tempo possibile, fattore molto importante nei primi giorni di emergenza quando la cosa più importante è quello di stabilizzare la situazione, ad esempio immediatamente la protezione dalla pioggia.
Tutto sembrava molto bello sulla carta, così che bisognava solo comprovarlo nel mondo reale per imparare dall’esperienza di realizzazione e di essere in grado di continuare la ricerca teorica a partire dall’appreso.
Più avanti nel corso dell’anno tutto sembrava sulla buona strada per costruire la prima cupola pilota come parte di un progetto più ampio di recupero e riuso urbano a sviluppare attraverso di un processo partecipativo e comunitario in diverse città del Messico, iniziando da Mexicali, per la costruzione di aule ambientali. Diverse situazioni, pero, costrinsero a rinviare il progetto fino alla sua cancellazione definitiva.
Nel giugno 2012, con la chiamata dal padre di Marcello, finalmente si presentò la possibilità che stavamo aspettando per verificare la nostra proposta. Per conoscere i risultati di questa esperienza in particolare clickar sulla foto.
La costruzione della casa di Marcello è stata un processo estremamente utile per avanzare nella ricerca. Ci ha dimostrato che il sistema funziona, che non è complicato da montare e che le operazioni necessarie possono essere eseguite da non specialisti. Troppo spesso in realtà si ascoltano soluzioni che richiedono una mano d’opera talmente specializzata per portare a termine lavoro talmente precisi che si potrebbero definirsi quasi da “orafi”.
Questo progetto fu il primo di una certa dimensione che abbiamo costruito con in sistema “senza nodi” o sia senza pezzi in corrispondenza delle intersezioni tra le sbarre. Il suo successo ci incoraggia a seguire questa strada. I nodi erano infatti le parti più complicate e generavano in maggiori mal di testa della copertura geodetica di Saltillo. Prescindere di loro significa ridurre i costi e, soprattutto, il livello di tecnologia necessario per costruire tali strutture, e ci permette di mantenere un profilo low-tech.
Strutture come la “La casa di Marcello” possono essere costruite con appena due triangoli tipo, per un totale di soli 2 modelli di assemblaggio e 4 per le parti che costituiscono ciascuno di essi e rimane comunque una struttura mobile giacché smontate occupa meno di 1 metro cubico, facendoci pensare alla possibilità di un centro di taglio dal cui distribuire “kit di montaggio” facilmente trasportabili a assemblare sul territorio.
Seguendo le riflessioni intorno alle forme sferiche, che di forma naturale forniscono una migliore resistenza agli agenti atmosferici e permettono un uso più efficiente di materiali, la ricerca di Ctrl+Z, partendo da esperienze come questa, prosegue ora il percorso della semplificazione per migliorare il sistema in modo che sia “appropriato” per le diverse situazioni in cui possa essere applicati e “appropriabile ” o sia riproducibile autonomamente dalle comunità in cui sono installino i progetti pilota.
La ricerca non è limitata alla semplice applicazione della geometria geodetica, ma come unione tra questa e molte altre tecniche di riutilizzo o basate su risorse naturali o in ogni caso locali, come il superadobe, concepito basandosi esattamente sulle geometrie curve, e che hanno già dimostrato la loro efficacia in tali situazioni.
Nemmeno si considera imprescindibile la geometria geodetica, la sua applicazione non è il nostro obiettivo, ma un semplice mezzo. Il nostro obiettivo è quello di proporre modelli di produzione architettonica pertinenti, coerenti ed adeguati al tipo di situazioni in cui aspira svilupparli. Non sarebbe sorprendente se in seguito si abbandonassero iniziando a sperimentare con altri modelli, ma sempre forti dell’esperienza acquisita nel corso di questa prima fase.
Nel nostro approccio la cosa più importante è che la popolazione locale, indipendentemente da materiali, tecnologie o geometrie specifiche, possa appropriarsi dei modelli proposti dopo fase iniziale di trasferimento di conoscenze.
Si dotarebbero così di resilienza i processi sociali e architettonici coinvolti, e anche se in un primo momento gli aiuti arriverebbero attraverso alcune dinamiche legate alla globalizzazione, si continuerebbe lavorando sulla linea e con la convinzione che i miglioramenti possono essere implementati dalla gente del posto. Fuggire dall’assistenzialismo e paternalismo che spesso accompagnano questo tipo di azioni.
Processi ed elementi architettonici progressivi che possono fornire un aiuto immediato e poi consolidati nelle comunità locali.
NOTA
Si sono realizati diversi talleres sul tema della geometrie geodetiche. Due in 2010, uno en Bustamante in occasione della construzione del temazcal e l’altro in Saltillo per il tetto de laTren / elNodo entrambi in Messico; uno in 2012 per la costruzione della Casa di Marcello a Girona, Spagna, e nel gennaio 2013 un quarto workshop con la costruzione di una cupola di bambù in Piracicaba , Sao Paulo, Brasile.
Festival Internacional de Arquitectura Eme3 2013
Succesivamente Ctrl+Z assieme a NosoloPaja, seguendo nella loro ricerca, hanno costruito una nuova cupola geodetica in legno, che, prima di raggiungere la sua destinazione finale e di convertirsi in parte di uno spazio abitabile concreto, fu esposta a Barcellona, nell’ambito del Festival Internazionale di Architettura EME3 (Fabra i Coats, Sant Andreu), ottenendo finalmente il 3 ° premio del festival.
Questa era una versione migliorata della “Casa di Marcello” nella quale, grazie a cambi nel disegno, siamo stati capaci di diminuire al 50% il tempo di preparazione dei triangoli.
Vorremmo ringraziare Geppetto, Georg Ladurner, Beata Szkotak, Carlos de la Barrera, Gabriele Kosowski e Massimo Mazzone per il loro aiuto durante le varie fasi di montaggio.